Accuse alla gestione del servizio di emergenza Cri: “Ambulanze vecchie e turni massacranti”

I mali della prima linea del soccorso a Torino: tagliati anche i buoni pasto.
Non c’è un medico di pronto soccorso in tutta Torino che non lo sappia. Le ambulanze della Croce rossa cadono a pezzi. Volete un esempio? Tre o quattro notti fa il mezzo in servizio alle Molinette (quello della postazione di piazza Carducci, che rischia di saltare) era - forse - il più vecchio del parco di via Bologna. Ha 320 mila chilometri circa. E non c’è medico o infermiere che non sappia che non c’è quasi nessuno, assunto in Cri, che abbia un contratto che dura più di un mese. È molto più di una vergogna: c’è gente in queste condizioni da 10 anni. Sotto scacco. «Se protesti, sei fuori. Il mese dopo non ti fanno il contratto». 
 Altro che sparare sulla Croce rossa: non ce n’è bisogno. Eccolo qui il sistema dell’emergenza del Comitato Cri di Torino. Un mondo grigio, arrabbiato, deluso. Che nulla ha a che vedere con i lustrini della serata benefica di burraco in prefettura, alla presenza delle patronesse impellicciate e del bel mondo. Si tiene ogni 12 di dicembre. Natale è alle porte, ci sono strette di mano e sorrisi. E regali. «E noi fuori con i mezzi che cadono a pezzi, a garantire servizi che riusciamo a fare soltanto grazie alla buona volontà» replica chi lavora. Regali immeritati, ma fatti con generosità. Come tanti altri.  

Volete un elenco dei guai? Partiamo da questo: molti assunti da poco non hannola divisa: se la sono dovuta comprare pagandosela di tasca propria. I caschetti.«Ce ne sono tre in dotazione sui mezzi. E spesso non in buone condizioni». E poi i turni di lavoro. C’è gente che fa anche 50 e rotte ore in ambulanza la settimana. Il massimo per legge è di 44. Detto così sembra niente. Ma c’è impiego e impiego. E questo è più o meno come se un autista di camion sforasse nelle ore di guida.  

Protestare? È un coro quello che si alza da via Bologna: «Se fai presente il disagio, sei fuori». A spasso. Magari con una famiglia da mantenere e un affitto da pagare. Mille 200 euro non sono molti, ma sono la paga. «Ci hanno tolto anche i buoni pasto. Chi fa il turno pomeridiano dalle 14,30 alle 23 (oppure di notte 22,30 - 7) non ne ha il diritto. E neanche se fai quello di 12 ore da 18,30 alle 7. La questione è sempre la stessa, lavora e basta». 

Nel mirino, in ogni discorso c’è lui, Graziano Giardino, il presidente del comitato di Torino. Un ex dipendente Telecom. Contestato per il suo carattere spigoloso. Per le sue risposte. «Dice che non ci sono soldi per assumere o comprare mezzi, ma si spendono più di 50 mila euro l’anno per il riscaldamento della sede. Basterebbero due gradi in meno e ne uscirebbe un’ambulanza o quasi». La spesa è stata annunciata durante l’assemblea. Pubblica. Giardino ammette, ci sono difficoltà. E in modo colorito l’altro giorno spiegava: «Speriamo che muoia qualcuno e che ci donino dei mezzi». I soccorritori si indignano. «Chi ha il potere di intervenire, intervenga. Stiamo cadendo a pezzi.  Serve un colpo di reni».  

Nell’attesa hanno cambiato il motore all’ambulanza di base di via Plava (altra sede che potrebbe chiudere) e hanno affisso un cartello sul cruscotto: «Non andare oltre i 3 mila giri fino a quando non si superano i 252 mila 715 chilometri». Duecentocinquantaduemila chilometri: ovvero sei volte - e un po’ - la circonferenza della terra. Ecco, può bastare.  



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