Crisi del volontariato nel soccorso: serve un nuovo modello, non nuovi volontari
sistema di emergenza territoriale italiano sta attraversando una trasformazione silenziosa ma profonda: il volontariato, per decenni pilastro delle ambulanze e dei servizi 118, oggi non è sufficiente a garantire la continuità e la qualità del soccorso.
La difficoltà nel reperire volontari non è più un fenomeno locale o momentaneo: è una crisi strutturale, con effetti diretti sulla tenuta del sistema sanitario. A lanciare l’allarme c’è anche Anassanità ODV, che ha nella sua rete molte delle associazioni che in tutta Italia sono tra le più impegnate nel soccorso sanitario e sociale.
Volontari sempre più rari: un problema sociale, culturale e organizzativo
Negli ultimi anni le associazioni segnalano un drastico calo nella disponibilità di volontari per i servizi in ambulanza. Sulla causa di questo fenomeno da più parti sono formulate diverse ipotesi.
Precarietà lavorativa e orari flessibili con turni notturni, festività, reperibilità: l’impegno del soccorritore è sempre meno compatibile con la vita lavorativa moderna. Il lavoro precario, i contratti a chiamata e la diffusa difficoltà nel conciliare il tempo lavorativo e i tempi familiari rendono difficile garantire continuità nel volontariato.
Cambio culturale, priorità social e “gratificazione immediata”: il senso di appartenenza comunitaria, che per decenni ha spinto intere generazioni al volontariato, oggi è meno diffuso. L’impegno gratuito e silenzioso, tipico del volontariato, risulta meno attrattivo in una società che premia visibilità e ricompensa immediata — anche nel mondo dei social.
Crescita delle responsabilità e paura delle denunce ai sanitari: la complessità delle procedure, la formazione obbligatoria sempre più rigorosa e l’aumento delle denunce a carico di sanitari intimoriscono. Diventare soccorritore richiede tempo, studio e responsabilità crescenti. Non tutti se la sentono.
Burn-out post pandemia: la pandemia COVID-19 ha lasciato strascichi profondi tra volontari e operatori. Molti hanno abbandonato per esaurimento emotivo o timore delle conseguenze di una esposizione a contaminazione.
Meno volontari pensionati disponibili:l’aumento dell’età pensionabile ha inoltre sottratto al volontariato una fetta di popolazione storicamente molto presente, i “giovani pensionati” oggi sempre più rari, che garantivano presenza stabile nei turni.
Il nodo che nessuno affronta: l’insostenibilità del modello
Ma a noi sembra che nessuno parli abbastanza da affrontare un enorme problema, forse il problema più grande: Il modello stesso sembra non essere più sostenibile.
Lo sottolinea Marco Lorentini, Presidente di Anassanità, introducendo questo tema:
“Per fare un esempio la maggior parte delle associazioni ha in media due o tre ambulanze, devono assolvere a adempimenti burocratici stringenti che richiedono competenze amministrative e digitale rilevanti e assorbono moltissimo tempo lavorativo. Ma i costi che affrontano sono gli stessi sostenuti dalle grandi organizzazioni che hanno una struttura amministrativa e operativa che beneficia delle economie di scala gestionali.
Un altro esempio sono i rimborsi che ricevono dalle Aziende Sanitarie Regionali, che non sono più adeguati ai costi attuali.
E ancora un altro esempio è la durata delle convenzioni, troppo breve per dare il giusto respiro agli investimenti necessari per l’acquisto di ambulanze e attrezzature sanitarie che devono necessariamente essere sempre di ultima generazione”.
Potremmo continuare ancora ma questa analisi fa pensare che la crisi del volontariato, non sia un imprevisto: ma la conseguenza di un sistema che ormai è affaticato e in grande difficoltà.
Anas Sanità: il ruolo di advocacy verso i decisori politici
La posizione di Anassanità è chiara: non possiamo più fingere che il modello di volontariato, per come vive e si configura attualmente, possa sostenere ancora a lungo il sistema dell’emergenza.
Anasssanità sostiene il ruolo di advocacy e esercita una pressione istituzionale su tre fronti:
Rivedere la durata delle convenzioni
Le associazioni devono poter pianificare e sostenersi, facendo affidamento sulla possibilità di poter organizzare attività e investimenti puntando a una stabilità pluriennale reale, senza proroghe incerte.
Rivalutare e audeguare i rimborsi riconosciuti alle organizzazioni
Oggi il rimborso chilometrico e le quote destinate alle associazioni non coprono i costi reali del servizio. Il sistema, soprattutto per le associazioni più piccole, è in perdita preoccupante.
Ridurre il peso della burocrazia
Meno adempimenti ridondanti, più controlli efficaci e procedure snelle che valorizzino la qualità del servizio e non solo la compilazione dei documenti e eliminino le lunghe attese di risposte.
Conclusione: “servono più volontari ma soprattutto serve un modello nuovo”
Continuare a cercare volontari senza ripensare il modello equivale a ignorare la realtà.
Il volontariato rimane un valore, un patrimonio, una colonna portante della cultura e della coesione della società italiana.
Ma non può più essere il pilastro a ogni costo su cui far poggiare un servizio essenziale come l’emergenza sanitaria territoriale.
È il momento che le istituzioni regionali e nazionali e le associazioni si siedano allo stesso tavolo con le rappresentanze di questo mondo e insieme si impegnino a trovare le giuste strategie e gli strumenti per ridisegnare il futuro del soccorso che altrimenti si impoverirà fino a collassare.
l’invito del presidente nazionale di Anas Sanità Marco Lorentini agli enti e alle istituzioni del settore è
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